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Dall’11 marzo 2025, al Museo e Real Bosco di Capodimonte è in mostra ‘San Sebastiano curato dagli angeli’ (1601-1602, olio su tela, 155,5 x 119,5 cm) uno dei capolavori delle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma custodito dalla Galleria Corsini. L’opera di Pieter Paul Rubens (Siegen, 28 giugno 1577 – Anversa, 30 maggio 1640) è in dialogo con alcune potenti raffigurazioni del martirio del Santo nelle collezioni del Museo e Real Bosco di Capodimonte (sala 61): i dipinti di Domenico Cresti detto il Passignano, Bartolomeo Schedoni, Andrea Vaccaro, Mattia Preti.
Da Palazzo Barberini, altra sede delle Gallerie, in prestito (allestito nella sala 62) anche ‘Amor sacro e Amor profano’ di Giovanni Baglione (1602, Olio su tela, 240 x 143 cm), pittore e biografo, noto anche come anti-Caravaggio (Roma, 1573 circa –30 dicembre 1643), protagonista della celebre rivalità con il Merisi, che portò a processo per ingiurie nella Roma del primo '600.
Sebastiano, militare romano, si convertì al cristianesimo e fu condannato a morte per aver diffuso la fede tra i suoi compagni. Legato e trafitto da frecce, il suo corpo venne lasciato in pasto agli animali ma, la vedova Irene lo trovò ancora moribondo e lo curò con l’aiuto di una serva. Sebastiano poté quindi riprendere l’attività di proselitismo, ma gli fu presto inflitto un nuovo martirio: la fustigazione. Il suo corpo doveva essere poi gettato nella Cloaca Maxima in segno di disprezzo ma, fu recuperato dalla matrona Lucina che gli diede degna sepoltura.
La figura del soldato martire ha avuto grande fortuna nell’arte, dapprima uomo barbuto in armatura, poi sempre più spesso giovane nudo, trafitto da frecce, occasione per mostrare un’avvenente anatomia, una delle poche che avesse il diritto di essere esposta anche in ambienti sacri.
Nell’opera ‘ospite’ di Rubens, San Sebastiano curato dagli angeli, è rappresentato il momento successivo al primo martirio: il corpo del giovane soldato, legato a un albero, è stato trafitto dalle frecce e quattro angeli sono intenti a soccorrerlo e a liberarlo, una variazione dell’artista alla più comune iconografia con la vedova Irene. Il potente corpo maschile del protagonista come quelli più minuti dei suoi salvatori mostrano una fisicità debitrice dello studio dell’Antico e di Michelangelo, vere rivelazioni dei due soggiorni romani del pittore fiammingo.
Co-protagonista della scena è la grande corazza a sinistra, riferimento al suo ruolo di militare, ma anche virtuosismo pittorico di Rubens che rende l’effetto riflettente del metallo. Il pittore restituisce una versione pienamente barocca e reinterpreta il soggetto insistendo su una resa teatrale e sottilmente erotica.
La mostra è visitabile con il pass campania>artecard.
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