Parco archeologico

Parco Archeologico di Pompei

Pompei, con i suoi 66 ettari di cui circa 50 scavati (comprese le aree suburbane), è un insieme unico di edifici civili e privati, monumenti, sculture, pitture e mosaici di tale rilevanza per la storia dell’archeologia e per l’antichità da essere riconosciuto come Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO.
La cenere ed i lapilli che seppellirono la città in seguito all'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., narrata nelle due famose epistole di Plinio il Giovane ma ricordata anche dagli storici dell'epoca, ne hanno infatti consentito un'eccezionale conservazione permettendo di avere un'immagine vivida dell’organizzazione delle città romane, come della vita quotidiana dei suoi abitanti.

La città antica sorge su un pianoro a controllo della valle del fiume Sarno, alla cui foce era un attivo porto. Il visitatore vi può oggi entrare accedendo da una delle antiche porte, che si trovavano lungo le mura (ingresso di Porta Marina), camminando per le sue antiche strade basolate lungo le quali è possibile visitare abitazioni, modeste e ricche, con i propri apparati decorativi sia parietali che pavimentali, botteghe, il Foro con i suoi spazi ed edifici pubblici, le aree sacre, i complessi termali e gli edifici per spettacoli nel quartiere dei teatri e nell’anfiteatro. Inoltre, percorrendo le vie di accesso alla città antica è possibile osservare, nelle quattro necropoli che si dispongono all'uscita delle porte urbiche, tombe monumentali di diverse tipologie, mentre all’esterno dell'area degli scavi visitare alcune delle residenze extraurbane che sorgevano in tutto l’agro pompeiano, prime fra tutte la Villa cd. dei Misteri. La suddivisione della città, indicata lungo il percorso in regiones (quartieri) ed insulae (isolati), fu fatta da Giuseppe Fiorelli nel 1858, per esigenze di studio ed orientamento. Le denominazioni delle case, quando non ne sia noto il proprietario, sono state coniate dagli scavatori in base a particolari ritrovamenti o ad altre circostanze. Incerte sono le notizie sulle origini dell'abitato, probabilmente etrusche, e solo grazie alle indagini archeologiche è stato possibile individuarne le testimonianze più antiche, che si datano tra la fine del VII e la prima metà del VI secolo a.C., quando fu realizzata la prima cinta muraria in tufo grigio locale, detto 'pappamonte', a delimitare un’area di 63,5 ettari. Al V secolo a.C. risale la costruzione di una nuova fortificazione in calcare del Sarno, che doveva seguire un percorso analogo alla precedente; ma solo in epoca sannitica Pompei ricevette un forte impulso all'urbanizzazione. Verso la fine del IV secolo a.C., in seguito ad una nuova pressione delle popolazioni sannitiche verso la costa, Roma si espanse progressivamente nell'Italia meridionale: sistemi di alleanze e vittoriose campagne militari la renderanno infine egemone in tutta la Campania (343-290 a.C.). A partire dalla fine della Guerra Annibalica, con un fenomeno che si manifesta soprattutto nella seconda metà del II secolo a.C. , si ha la sistematica occupazione di interi quartieri e la ristrutturazione di aree già occupate nella città. Pompei entrò quindi come socia (alleata) nell’organizzazione politica della res publica romana, cui però nel 90-89 a.C. si ribellò assieme ad altre popolazioni italiche, che reclamavano contro Roma pari dignità socio-politica. Presa d’assedio dalle truppe di Publius Cornelius Sulla, la città capitolò e diventò colonia romana col nome di Cornelia Veneria Pompeianorum (80 a.C.). Dopo la deduzione coloniale Pompei fu arricchita di edifici privati e pubblici, ed ulteriormente abbellita soprattutto nell'età degli imperatori Ottaviano Augusto e Tiberio.

Nel 62 d.C. un violento terremoto colpì l'intera area vesuviana. A Pompei la ricostruzione ebbe subito inizio; ma, per l’entità dei danni e per lo sciame sismico che seguì il primo evento tellurico, essa prese molto tempo: diciassette anni dopo, quando il 24 agosto del 79 d.C. l’improvvisa eruzione del Vesuvio la seppellì di ceneri e lapilli, Pompei si presentava dunque come un cantiere ancora aperto. La sua riscoperta si verificò nel XVI secolo all’epoca della costruzione del Canale del Conte di Sarno, eseguita sotto la direzione di Domenico Fontana; in quell’occasione vennero alla luce parti di edifici ed importanti iscrizioni pubbliche, ma il sito venne inizialmente identificato con Stabiae. Solo nel 1748, sotto il regno di Carlo III di Borbone, ne cominciò l'esplorazione estensiva per dare lustro alla casa reale. Si procedette in modo discontinuo ed in punti diversi del sito antico, che solo dopo qualche anno fu identificato come Pompei. Furono così riportati alla luce parte della necropoli fuori porta Ercolano, il tempio di Iside ed il quartiere dei teatri. Il periodo di occupazione francese, all'inizio del 1800, vide un incremento degli scavi, che venne poi spegnendosi con il ritorno dei Borbone. Si lavorò nella zona dell’anfiteatro e del Foro ed ancora in quella di porta Ercolano e dei teatri. Durante il nuovo dominio borbonico, notevole eco suscitò la scoperta della casa del Fauno, con il grande e celebre mosaico raffigurante la battaglia di Alessandro.

Dopo l’unità d'Italia e la nomina di Giuseppe Fiorelli alla direzione degli scavi (1861) si ebbe una svolta nel metodo di lavoro. Si cercò infatti di collegare i nuclei già messi in luce e di procedere in modo sistematico nell'esplorazione archeologica, tenendo resoconti di scavo più dettagliati e lasciando sul posto i dipinti, che precedentemente venivano staccati e portati al Real Museo di Napoli, secondo scelte di gusto e pregio soggettive degli scavatori e della casa reale spesso arbitrarie. Fu anche introdotto il metodo dei calchi in gesso, che consentì di recuperare l’impronta lasciata dai corpi delle vittime dell'eruzione restituendo un'immagine drammatica della loro fine provocata dai gas tossici emanati dal vulcano durante l'eruzione. All'inizio del secolo scorso, l’esplorazione venne estendendosi verso la parte orientale della città, nelle regiones V, IX, I e II, seguendo le direttrici costituite dalle strade - Via di Nola, Via di Stabia e Via dell'Abbondanza - in particolare con Vittorio Spinazzola, e ponendo sempre più attenzione anche alle tracce lasciate dal piano superiore delle case. Si giunge così al lungo periodo (1924 - 1961) segnato dalla direzione da parte di Amedeo Maiuri. Nella sua intensa attività di scavo specie nelle regiones orientali, oltre alla scoperta di edifici di grande prestigio (valgano per tutti la Villa dei Misteri e la casa del Menandro), è da segnalare il completamento della delimitazione della città, lo scavo della necropoli di porta Nocera, l'inizio metodico dell'esplorazione degli strati sottostanti al livello del 79 d.C., alla ricerca delle fasi più antiche di Pompei. A partire dalla seconda metà del XX, al fine di garantire un adeguato stato di conservazione nella già vasta area della città messa in luce, invece di proseguire nell’esplorazione estensiva, specie dopo i danni causati dal terremoto nel 1980, si è preferito eseguire sistematici interventi conservativi e mirate campagne di scavo con il contestuale restauro, ad esempio nell'Insula occidentalis, nelle Terme suburburbane fuori Porta Marina, nella casa di Giulio Polibio nella regio IX, negli isolati delle regiones I e II prospicienti la Via di Nocera e la Via dell’Abbondanza, nonché da ultimo nella casa dei Casti Amanti.

Indirizzo

via Plinio, 4 – 80045 Pompei (Napoli)

Orari

Lunedì-Venerdì 9.00-17.00, Sabato e Domenica 8.30-17.00

Informazioni

Mail: pompei.info@beniculturali.it

Tel: +39 081 8575111 +39 081 8575347

http://www.pompeiisites.org

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Inventario del Patrimonio Culturale Immateriale Campano - Annualità 2024

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19/10 | H: 21:00

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Musica

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