Peppe Iannicelli — 18/06/2021

Enrico Caruso, il tenore dei due mondi 

A cento anni dalla morte continua a crescere il mito del grandissimo artista. Visse d’arte ma anche di passioni profonde, delusioni, e golosità. L’anniversario è una splendida occasione per riascoltare i suoi capolavori, rivivere le emozioni della sua carriera e magari gustare anche i “Bucatini alla Caruso” dei quali era golosissimo.

La vita di Enrico Caruso è la trama di un romanzo

Nasce in via Santi Giovanni e Paolo 7, nel popoloso quartiere napoletano di San Carlo all’Arena. È il 25 febbraio del 1873. Ed il suo destino sembra segnato fin dalla nascita. La famiglia è povera ed il padre lo conduce con lui in fonderia a dieci anni appena compiuti. Un lavoro durissimo e pericoloso che non gli impedisce di frequentare una scuola serale dove emergono due suoi straordinari talenti: il disegno ed il canto. Preparava gli schizzi per le fontane realizzate in fonderia e cantava nelle chiese in occasione di matrimoni ed esequie. Il baritono Eduardo Missiano ascoltò i suoi canti durante un funerale nella Chiesa di S.Anna alle Paludi e decise di affidarlo alle cure del maestro Guglielmo Vergine. Come il metallo grezzo forgiato in fonderia diventa l’oggetto desiderato così la voce di Caruso diventò un capolavoro.

L’Elisir di delusione

La fama del tenore, con un inconfondibile voce brunita, comincia a diffondersi. Il Teatro Municipale Giuseppe Verdi di Salerno accoglie l’artista con affetto. Su quelle tavole il tenore affina le sue doti canore ed interpretative che lo porteranno poi alla conquista dei principali teatri d’Italia e del mondo con crescente apprezzamento di compositori e direttori d’orchestra. Enrico Caruso diventa una star mediatica anche per il gossip che accompagna costantemente la sua carriera associandolo a donne sempre splendide ed affascinanti. Domina la scena. Nel 1900 è Arturo Toscanini a dirigerlo in una memorabile Bohème  che inaugurò la stagione del Teatro alla Scala di Milano. All’apice del successo italiano, siamo alla fine del 1901, un episodio che tracima dalla storia alla leggenda in occasione di una rappresentazione de L’Elisir d’amore al Teatro di San Carlo di Napoli. Qualche voce malevola ha a lungo sostenuto che Enrico Caruso sarebbe stato addirittura “fischiato” dall’esigente pubblico partenopeo. Le ricerche, tra documenti ed emeroteche, smentiscono questa maldicenza ma di certo Caruso incassò qualche recensione non del tutto entusiastica. A questo punto, il grande tenore deluso avrebbe deciso di abbandonare l’ingrata terra natia, di emigrare negli Stati Uniti e non cantare mai più in Italia.

Potenza della lirica

Potenza della lirica. Dove ogni dramma è un falso”, avrebbe cantato tempo dopo Lucio Dalla. I fischi mai fischiati del Teatro di San Carlo aggiungono elementi ulteriori alla costruzione del personaggio Enrico Caruso che diventa il re del Metropolitan di New York. Gli Stati Uniti impazziscono per la storia del figlio di famiglia poverissima che diventa un mito. Caruso è la dimostrazione che l’american dream può diventare realtà per chiunque, anche per un uomo che avrebbe dovuto trascorrere la sua vita in una fonderia e non in ville lussuose, acclamato da capi di stato ed industriali di successo, tra le braccia di donne meravigliose. Sono anche i dischi a rendere universale la voce del tenore campano: i grandi capolavori della lirica ed i classici della canzone napoletana d’autore lo consegnano al successo popolare. Ed ancora oggi quelle registrazioni primitive, gracchianti, confuse ci restituiscono emozioni vibranti. Con una nota di tragica malinconia che le rende sublimi.   

Bucatini alla Caruso

Caruso era molto goloso. Amava i piaceri della tavola ed adorava la pasta. I cuochi più importanti ma anche gli osti più umili facevano a gara per soddisfare i suoi desideri di buongustaio. Anche in questo caso la leggenda si accompagna con la storia. E sono in tanti a rivendicare la creazione dei “Bucatini alla Caruso” celebri quasi quanto la “Pasta alla Norma” ispirata, o forse no, alla celebre opera del compositore Vincenzo Bellini. Di certo nella ricetta ci sono i bucatini ed il pomodoro San Marzano con l’aggiunta di pecorino, erbe aromatiche e prodotti che via via suggerivano la fantasia del cuoco o la disponibilità della stagione.

Vesti la giubba

Caruso non si è risparmiato durante la sua carriera tra opere, recital, film, incisioni. Ha interpretato in modo magistrale tanti protagonisti delle opere più celebri ed acclamate. L’aria che però meglio lo consacra come artista immortale è senza dubbio “Vesti la giubba”. Siamo alla fine del primo atto de I Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. Canio ha scoperto il tradimento della moglie Nedda ma deve comunque andare in scena camuffando il suo dolore sotto la maschera di un clown tragico. La registrazione di questo brano è il primo disco ad aver superato il milione di copie vendute.

Vesti la giubba e la faccia infarina.
La gente paga, e rider vuole qua.
E se Arlecchin t'invola Colombina,
ridi, Pagliaccio, e ognun applaudirà!
Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto
in una smorfia il singhiozzo e 'l dolor, Ah!

Ridi, Pagliaccio,
sul tuo amore infranto!
Ridi del duol, che t'avvelena il cor!

La terrazza del Golfo di Sorrento

Anche l’epilogo della sua vita è degno di un finale operistico. L’artista sente che ormai il suo tempo è quasi finito. Ritorna in Italia e soggiorna in una splendida suite del Grand Hotel Excelsior Victoria di Sorrento. I familiari e gli amici sperano che il clima ameno della Penisola di fronte al mare e tra le fronde dei limoni in fiore possa giovare alla sua salute. Purtroppo non ci sarà nulla fare. Ma quel soggiorno ha ispirato a Lucio Dalla la sua meravigliosa ode alla vita di Enrico Caruso.

Qui dove il mare luccica
E tira forte il vento
Su una vecchia terrazza
Davanti al golfo di Surriento
Un uomo abbraccia una ragazza
Dopo che aveva pianto
Poi si schiarisce la voce
E ricomincia il canto

Te voglio bene assai
Ma tanto, tanto bene sai
È una catena ormai
Che scioglie il sangue dint'e vene sai

La Regione Campania celebra Enrico Caruso

La Regione Campania, con il supporto di Scabec, la società incaricata della valorizzazione del patrimonio culturale ed artistico della Campania, ha predisposto un vasto programma di celebrazioni onorare il centenario della scomparsa di Enrico Caruso.

“Caruso è l’anima del Sud – ha dichiarato il Presidente Vincenzo De Luca - esprime al livello più alto l’anima di Napoli, della Campania, del Sud, oltre che una voce che dà i brividi. Parliamo di una figura complessa dal punto di vista umano, un emigrante egli stesso, è stato l’italiano che ha dato gioia e conforto a milioni di italiani che sono emigrati nel secolo scorso negli Stati Uniti e in Sudamerica. Una voce ineguagliata che vogliamo riproporre alle giovani generazioni”.

E per omaggiarlo degnamente sarà dedicato a questo emigrante illustre il piazzale della Stazione Marittima di Napoli. Si provvederà al restauro della cappella che accoglie la tomba di Caruso, a pochi metri da quella di Totò, nel Cimitero di Santa Maria del Pianto dove è continuo il pellegrinaggio di ammiratori dell’artista. Parte una scuola di musica destinata ai giovani talenti per trovare, magari, l’erede del grande tenore.

Numerosi gli spettacoli in programma, a partire dal recital di Gigi Finizio nell’incantevole scenario di Villa Fiorentino a Sorrento.

Alla Reggia di Carditello, il 18 luglio, saranno Tosca e Roma Sinfonietta a ricordare Caruso nel corso dell’Omaggio ad Ennio Morricone.

“Caro Enrico”, il 28 luglio, di Riccardo Canessa è lo spettacolo che Un’Estate da Re nella Reggia di Caserta dedica al tenore.
Daniel Oren dirige l’Orchestra Filarmonica Giuseppe Verdi di Salerno con il tenore Vittorio Grigolo e la voce recitante Pamela Villoresi.

Due gli appuntamenti in programma il 29 luglio e il 1 agosto nel corso del Ravello Festival. Due concerti ideati dal direttore Alessio Vlad che si è affidato a tre eredi contemporanei di Caruso: Juan Diego Flòrez, Lawrence Brownlee e Michael Spyres.

Il 19 settembre Gala Concerto del Teatro di San Carlo diretto da Marco Armiliato con i tenori Francesco Meli, Freddie De Tommaso, Francesco Demuro.

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